Imprese Italiane Rallentate dal Digital Divide

Il digital divide, ovvero il mancato accesso alle infrastrutture per mancanza di copertura o limiti “culturali”, costa alle imprese italiane una percentuale del fatturato che va da 10 al 20 per cento, soprattutto per quelle impegnate in settori innovativi.

L’Italia ancora in ritardo. A fare il punto sulla situazione è il “Rapporto sullo Stato di Internet 2016”, che da un lato mette in graduatoria le prestazioni dei vari Paesi al mondo in termini di velocità media di connessioni a Internet e, dall’altro, studia l’impatto che la “lentezza” dell’Italia ha sul nostro sistema imprenditoriale, che sconta appunto i ritardi sia di tipo infrastrutturale che quelli legati invece alla mancanza di propensione digitale da parte delle aziende (e delle famiglie).

Una tartaruga tra le lepri. In dettaglio, i numeri di questo rapporto rivelano che a fine 2016 l’Italia si posiziona appena al 54esimo posto sul piano mondiale per quanto riguarda la velocità media di connessione al Web, perdendo altri tre posti rispetto alla classifica finale dell’anno precedente. Colpa, è il caso di dirlo, di un livello medio di velocità che nel nostro Paese si ferma appena a 8,2 megabyte al secondo, mentre in altre parti del globo si viaggia a ritmi più che doppi: il Paese dove le linee sono più rapide è la Corea del Sud, con 29 Mbps di media, e limitandoci alla sola Europa siamo distantissimi sia da aree tradizionalmente progredite come gli Stati scandinavi (Norvegia e Svezia volano a 20 Mpbs), sia da zone più emergenti come Romania e Bulgaria (che doppiano i valori dell’Italia, con medie di 16 Mbps).

Al Sud la situazione peggiora. A livello nazionale, poi, bisognerebbe ulteriormente scomporre il dato aggregato, perché la velocità e la stabilità delle connessioni risentono ancora di grandi disparità territoriali: sintetizzando, possiamo dire che nelle aree del Sud Italia queste cifre peggiorano di molto rispetto al Nord, fino al 30 per cento (ovvero, linee più lente di un terzo rispetto a quelle settentrionali), portando queste regioni oltre il centesimo posto della classifica sul “Rapporto sullo Stato di Internet 2016”.

Il peso del digital divide per le imprese. In questo contesto, a pagare il costo maggiore sono soprattutto le imprese, che come accennato rischiano di perdere una quota che oscilla tra il 10 e il 20% del proprio fatturato a causa del digital divide, specialmente se le aziende sono attive in settori legati al web e all’IT, ma anche in comparti come turismo, commercio o comunicazione. I problemi derivano non solo dalla velocità (o dall’assenza di velocità, in certi casi), ma anche dalla difficoltà che deriva ad accedere alle nuove tecnologie che sono residenti sul web, dai BigData al Cloud, per il cui utilizzo è necessario essere dotati di connessioni veloci e stabili.

Ma le infrastrutture ci sono. Per fortuna, gli ultimi segnali indicano che l’Italia sta migliorando, ma a ritmi più lenti rispetto ad altri Paesi; questo significa che le imprese nazionali partono svantaggiate rispetto ai propri concorrenti internazionali, perché manca attenzione su connessioni a banda larga e in fibra ottica, nonostante gli investimenti degli operatori del mercato. È il caso di Eolo, player alternativo ai tradizionali che sta lanciando le sue proposte di Internet senza linea fissa ad alta velocità, offrendo dunque un’opzione in più a famiglie e aziende.