Liti condominiali sulle pulizie? Ecco cosa dice la legge su chi deve farle e come

Le liti condominiali legate alle pulizie degli spazi comuni rappresentano una delle fonti più ricorrenti di contrasti tra vicini di casa. Spesso la questione nasce dalla difficoltà di stabilire chi debba occuparsi delle pulizie, come debbano essere suddivisi i costi e con quale frequenza debbano essere effettuate. Il tema è regolato in maniera precisa dal Codice Civile italiano e dalla normativa specifica sulle imprese di pulizia, che fissano limiti e obblighi sia per i condomini che per l’amministratore.

Quadro normativo di riferimento

Alla base delle regole che disciplinano le pulizie condominiali vi sono diversi articoli del Codice Civile e la legge 82/1994. L’articolo 1117 stabilisce che tutte le parti comuni dell’edificio, tra cui scale, androni, cortili e pianerottoli, sono beni di proprietà comune tra tutti i condomini, indipendentemente dall’ubicazione della loro unità abitativa. Questo implica che anche chi vive al piano terra o possiede un’autorimessa deve contribuire alle spese di igiene e manutenzione di tali aree condivise. In pratica, l’intera proprietà comune è soggetta a obblighi solidali tra residenti.

L’articolo 1130 affida all’amministratore il compito di compiere tutti gli atti conservativi relativi alle parti comuni, tra cui rientra la gestione delle pulizie periodiche. L’amministratore deve quindi garantire l’igiene degli spazi condivisi e, ove necessario, intervenire in caso di liti riguardanti l’adempimento di questi obblighi.

Per quanto riguarda il soggetto incaricato delle pulizie, la normativa è molto chiara: in virtù della legge 82/1994, gli interventi nelle aree comuni possono essere affidati solo a ditte specializzate e regolarmente iscritte agli appositi registri delle imprese di pulizia. Ciò significa che non è lecito stabilire turni tra condomini, consentire ad uno di essi di svolgere personalmente le pulizie, né stipulare contratti di appalto con soggetti sprovvisti dei requisiti previsti dalla legge. Qualsiasi delibera contraria sarebbe nulla e priva di effetti legali, oltre ad esporre il condominio a sanzioni amministrative.

Chi decide chi fa le pulizie in condominio?

L’amministratore di condominio, secondo quanto disposto dal Codice Civile, è generalmente responsabile della scelta della ditta incaricata delle pulizie. In assenza di specifiche indicazioni contrarie nel regolamento condominiale, può agire autonomamente, selezionando operatori qualificati e abilitati. Tuttavia, spesso per trasparenza e a tutela di tutti i condomini, viene convocata un’assemblea in cui sono presentati diversi preventivi per consentire un confronto tra i residenti. L’assemblea può così esprimere la propria preferenza e approvare il fornitore, ma è bene ricordare che la scelta di una ditta non a norma rende nulla la decisione collettiva e priva di efficacia giuridica.

Casi in cui ricorrono ancora le pulizie “a turni”

In passato, nei piccoli edifici, era diffusa l’abitudine di organizzare le pulizie “a turni”, ossia affidando a rotazione a ciascun condomino la cura degli spazi comuni. Oggi questa pratica, seppur ancora diffusa in condomini di dimensioni ridotte, non è permessa dalla legge quando non siano rispettati i requisiti richiesti alle imprese di pulizia. Solo in casi eccezionali, dove vi sia un regolamento interno ratificato da tutti e sempre che l’attività sia svolta da una persona abilitata secondo legge, è possibile sostenere questa modalità, che rimane comunque marginale e rischiosa dal punto di vista legale.

Come si suddividono le spese delle pulizie condominiali

Sul tema della ripartizione delle spese, la norma di riferimento è l’articolo 1123 del Codice Civile, che indica i criteri da seguire per il contributo tra i condomini. Le spese per la pulizia vanno distribuite secondo il principio dell’utilità, ovvero, in modo proporzionale all’uso che ciascun condomino fa delle parti comuni. Nel dettaglio, ciò significa che normalmente la divisione avviene in base al piano di ubicazione dell’appartamento: chi abita ai piani più alti contribuisce per una quota maggiore rispetto a chi si trova ai livelli inferiori, dato l’utilizzo più frequente di scale e androni.

Per le pulizie ordinarie (ad esempio, la pulizia settimanale delle scale), si utilizza generalmente questo criterio, salvo diverso accordo nel regolamento condominiale. Per le pulizie straordinarie (come interventi di sanificazione, rimozione di graffiti, trattamenti antiscivolo ecc.), la ripartizione può essere fatta anche in funzione dei millesimi di proprietà, ovvero secondo la quota di proprietà che ciascun condomino detiene rispetto all’intero fabbricato. Nel caso esistano negozi, garage o uffici che accedono solo parzialmente o non utilizzano certi spazi, è possibile prevedere deroghe motivate nel regolamento, purché approvate dall’assemblea con le maggioranze previste dalla legge.

  • Il costo sale con l’aumentare del piano, poiché i residenti ai livelli elevati usano maggiormente scale e ascensori.
  • Chi non paga la propria quota espone il condominio a un credito insoluto: l’amministratore dovrà provvedere a sollecitare il pagamento e, in caso di ulteriore inadempienza, attivare le opportune azioni legali.

Le controversie più frequenti e le possibili soluzioni

Le liti condominiali in tema di pulizie si sviluppano spesso attorno a specifiche situazioni:

  • Ritardo o mancato pagamento delle quote di pulizia da parte di alcuni residenti.
  • Contestazioni sull’effettiva regolarità o qualità degli interventi svolti dalla ditta incaricata.
  • Incapacità di trovare un accordo su orari e frequenze di pulizia che rispettino le esigenze di tutti.
  • Polemiche sulla suddivisione delle spese, in particolare quando alcuni condomini ritengono di non dover partecipare perché usano meno le scale o abitano al piano terra.

In tutti questi casi, la soluzione più efficace consiste nel rivolgersi all’amministratore, che ha il dovere di mediare tra gli interessi dei residenti e applicare quanto stabilito dal regolamento e dalla legge. Se il problema persiste, può essere convocata un’assemblea straordinaria per adottare nuovi criteri di ripartizione, cambiare il fornitore del servizio o modificare il regolamento.

Se dopo questi tentativi la lite si trascina, uno strumento previsto dal Codice Civile è la mediazione obbligatoria in caso di controversie condominiali, che mira a trovare una soluzione condivisa prima di rivolgersi al giudice. Solo in ultima istanza si può procedere con un ricorso in sede civile, dove il giudice valuterà la fondatezza delle ragioni di ciascuna parte e applicherà le norme secondo i casi concreti.

Le norme italiane, dunque, puntano sia a tutelare la corretta gestione degli spazi comuni sia a favorire una equilibrata convivenza all’interno dei condomini, evitando che le liti su questioni apparentemente banali si trasformino in lunghi e costosi contenziosi giudiziari. Comprendere cosa prevede la legge e rispettare le regole stabilite dal regolamento condominiale consente di prevenire la maggior parte delle dispute e vivere in un ambiente salubre e ordinato. Maggiori dettagli sulle dinamiche delle proprietà comuni offrono ulteriori spunti per gestire consapevolmente i rapporti tra vicini e sostenere un modello di convivenza civile e rispettosa.

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